In questi 7 minuti l’infermiere è totalmente dedicato al paziente e, in molti casi, la somministrazione avviene all’interno di postazioni accolte in spazi più riservati rispetto alla poltrone infusionali collocate in corsia. Entrambi sono fattori che possono incentivare l’ascolto e il dialogo: l’infermiere può rendersi disponibile a chiarire eventuali dubbi, fornendo rassicurazioni e spiegazioni sia sulla modalità di somministrazione che sul percorso terapeutico o qualsiasi altro aspetto sul quale il paziente abbia bisogno di un confronto.
Il tempo della somministrazione endovena è più lungo, ma è anche più “tecnico” e frammentato. Nella fase iniziale, infatti, l’infusione endovena prevede la necessità di reperire l’accesso venoso e tutta l’attenzione necessariamente si concentra su questa procedura, che può risultare tecnicamente delicata per l’infermiere e critica o dolorosa per il paziente, lasciando poco spazio alla relazione di cura. Nel tempo prolungato che segue, invece, l’infermiere difficilmente può restare in modo costante al fianco del paziente, perché – all’interno di Day Hospital che sono sempre più spesso sovraccarichi per l’elevato numero di prestazioni da erogare – c’è la necessità di assistere anche altri pazienti.
L’impiego di formulazioni sottocute può tradursi in benefici per l’efficientamento dei Day Hospital e dell’organizzazione sanitaria. Ma ha anche una ricaduta positiva in termini di valorizzazione della figura professionale dell’infermiere, che - grazie ad una modalità di somministrazione più semplice e veloce - può dedicare meno tempo e attenzione agli aspetti tecnici dell’infusione e più invece alla relazione di cura.
La durata ridotta della somministrazione sottocute regala anche più tempo di vita.
Il paziente, infatti, non deve più sacrificare preziose ore di vita per ricevere i trattamenti. Un tempo liberato dalle cure, che vale anche per caregiver e familiari, che spesso devono accompagnare il paziente in ospedale, per assisterlo.